Sulla intelligenza del cane

La seguente trattazione viene riportata grazie alla gentile concessione da parte della SCIVAC.

L'articolo è tratto interamente dalla Rivista "Cinologia", nel n° 4 del Dicembre dell' anno 1994.


Si ringrazia la SCIVAC e l'illustri curatore, Dott. Aldo Vezzoni e il cinologo Tullio Mille e l'autore Paolo Arbanassi per il loro contributo intellettuale.


Trovo in questo articolo di Paolo Arbanassi una sintonia di pensiero e una spontaneità del linguaggio che credo possa giungere al cuore pur essendo ricco anche di scienza e conoscenza sull’aspetto etologico del cane.


Mi piace molto il linguaggio semplice e ricco allo stesso tempo e alcuni passi mi sono piaciuti in modo folgorante:


“…l’idea dell’evoluzionismo non soltanto mi convince da un punto di vista scientifico, ma appaga altresì il mio senso estetico, la trovo profondamente poetica e straordinariamente bella. Mi piace questa fratellanza di tutti i viventi, questo grande albero della vita che nasce da un microscopico seme più di tre miliardi di anni fa e cresce e si estende ramificando in tante direzioni e, mentre alcuni rami si seccano e muoiono, altri continuano invece a svilupparsi ed a dividersi e suddividersi in altri rami.

In questo albero della vita vedo l’opera di Dio, il miracolo sempre rinnovantesi della creazione.

Tutti gli esseri passati e presenti sono miei fratelli, perché tutti provengono da uno stesso seme primigenio.

Non mi considero per la mia natura “umana” superiore agli altri esseri, ma semplicemente più cresciuto, più progredito. Diverso certamente, e questo è logico, perché il comune antenato è sempre lontanissimo nel tempo.

L’albero della vita è immenso ed immensamente lunghi sono i suoi rami.”


“….ogni animale ha tanta intelligenza quanto gli basta”


“Nella selezione naturale non è il più forte, bensì il più intelligente che è il più adatto a sopravvivere; un animale stupido viene spietatamente eliminato.”


“Ora vivere in comune con l’uomo sottintende nell’animale un preadattamento, una qualche somiglianza con l’uomo. Se questo preadattamento c’è, si può andare d’accordo, si può vivere insieme; se non cè preadattamento, una convivenza è impossibile.

Ci potrà essere una sorta di amicizia a causa dell’imprinting, ma convivenza no.”


“Il cane, bisogna dirlo subito, è molto diverso da noi.

Gli uomini sono bipedi, plantigradi, hanno un’andatura eretta, sono onnivori, possiedono mani prensili. Il senso più importante dell’uomo è la vista, segiuta dall’udito. Il cane è un quadrupede digitigrado dal corpo ricoperto di peli ed è prevalentemente  un carnivoro. Il suo senso più importante è probabilmente l’olfatto seguito dall’udito, ambedue assai più acuti dei nostri.

Però bisogna avvertire che un confronto tra i nostri sensi e quelli del cane è comunque sempre difficile, è anzi una esercitazione che lascia il tempo che trova.

E’ il cervello del cane che è diverso da quello dell’uomo: ne consegue che, indubbiamente, il nostro cane ha una differente visine del mondo circostante"


Questo aspetto del preadattamento mi ha colpito molto perché affronta il problema dell’alterità del cane e della sua vicinanza a noi mostrando la sua reale possibilità esistenziale originaria che tiene insieme un rapporto complesso ma possibile, non scontato ma possibile, non immediato ma che si può armonizzare con sorprendete facilità e con una ricchezza di sfumature emotive si straordinaria autenticità.



Per vedere l'articolo di Paolo Arbanassi:

"Sulla intelligenza del cane"


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